La biodiversità e varietà di paesaggi forestali presenti in Italia sono tra le più ricche e spettacolari che si possano osservare a livello europeo; basti pensare quanto sia breve il passaggio da zone costiere a zone collinari e montane, ma allo stesso tempo a quanta ricchezza vegetazionale si possa ammirare durante questi brevi spostamenti.

Purtroppo, a livello urbano, la progettazione delle aree verdi (come parchi e giardini ed anche viali arborati) si dimentica sempre più spesso di queste grandi bellezze che la nostra vegetazione autoctona ci offre, preferendo l’introduzione di specie alloctone esotiche.

Un esempio classico (che negli ultimi anni ha assunto dimensioni notevoli) di utilizzo di specie esotiche a discapito di quelle autoctone interessa le zone costiere (e non solo) nelle quali sempre più spesso compaiono le palme (Phoenix canariensis, Phoenix Dactylifera,  Phoenix roebelenii, Washingtonia, Chamaerops) e con esse, un temibilissimo parassita, il punteruolo rosso (Rhynchophorus ferrugineus), causa della elevata moria di palme registrata in questi ultimi anni.

Le palme, si sa, non sono autoctone, tranne la Chamaerops humilis o palma nana (tra l’altro esente dagli attacchi del punteruolo rosso), che è l’unica originaria dell’Europa e molto frequente in Sardegna e Sicilia, ma sempre meno utilizzata dai progettisti, probabilmente a causa delle sue dimensioni ridotte.

La maggior parte delle volte si preferiscono infatti le palme esotiche, originarie di paesi lontani, coltivate nei vivai e poi piantate ormai dappertutto, non solo in giardini privati ma soprattutto in spazi pubblici, come intere aree destinate a verde, dai parchi urbani alle aiuole, strade urbane ed extraurbane, per non parlare dei lungomare di mezza Italia.

Tutto ciò causa inevitabilmente una sempre più accentuata modifica del nostro paesaggio urbano (ed in minor misura extraurbano), con il risultato di privare molte persone che vivono nelle città della visione e dei profumi che la nostra Macchia Mediterranea è in grado di offrire. Basti pensare ai colori e agli odori che piante quali corbezzolo, cisto, palma nana, ginepri, mirto, olivastro, ginestre, lecci, carrubi, oleandri e molte altre possono offrirci, oltre alla memoria storico-culturale in esse racchiusa.

Perchè non rivalutare e utilizzare le specie autoctone tipiche delle nostre fitocenosi che – oltre alla grande varietà di colori ed aromi che sono in grado di sprigionare – permettono una visione molto più vivace del paesaggio urbano e un habitat consono a molte delle specie tipiche della nostra avifauna, nel quale possano nidificare e trovare miglior nutrimento?

Pubblicazione: 04/10/2012 – Ultimo aggiornamento: 04/10/2012

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